lunedì 31 ottobre 2011
domenica 30 ottobre 2011
sabato 29 ottobre 2011
venerdì 28 ottobre 2011
giovedì 27 ottobre 2011
martedì 25 ottobre 2011
lunedì 24 ottobre 2011
domenica 23 ottobre 2011
sabato 22 ottobre 2011
venerdì 21 ottobre 2011
ABI: La famiglia del PIDOCCHIO INFARINATO
ABI: La famiglia del PIDOCCHIO INFARINATO: Il Pidocchio, la figlia Valeria, la moglie Filomena Girardi e la Alessandra
giovedì 20 ottobre 2011
mercoledì 19 ottobre 2011
martedì 18 ottobre 2011
lunedì 17 ottobre 2011
domenica 16 ottobre 2011
EL SALVADOR sotto l'acqua e MESSAGGIO del Presidente Mauricio Funes
Cortesia di Nicola Palmieri, via banda larga, e a Suoi Colleghi di Megavision canal 21
NON SEMPRE UNO PIU' UNO FA DUE
Dieci anni sono trascorsi da quando, lo stronzo cagato a forza, con una delle sue trovate, decide di mettere in piedi una impresa (neikos) per costruire siti web. Come sede legale usa l'indirizzo di suo padre (ex dipendente del mattatoio comunale di Benevento) e una manata di disoccupati. Iniziano il lavoro ma ... hanno bisogno di clienti piu' o meno noti. Arriva in aiuto un "integerrimo" funzionario del ministero delle finanze (U.T.F) che convince una ditta di liquori, con stabilimento a Benevento e sede legale in Roma, ad affidare lavori alla nuova del nostro "stronzo".
Non mi sono permesso di fare nessun nome: i responsabili e conoscenti pari loro, sanno di chi sto parlando.
Ciao, ciao !!!
Non mi sono permesso di fare nessun nome: i responsabili e conoscenti pari loro, sanno di chi sto parlando.
Ciao, ciao !!!
sabato 15 ottobre 2011
IN DIRETTA DA "El Salvador"
cortesia di Nicola Palmieri e i Suoi colleghi di canale 21 del Gruppo Megavision
venerdì 14 ottobre 2011
ITALIA MUOVITI
Il Brasile ha espulso l'assassino Cesare Battisti
ALZA LA TESTA ..... ITALIA
Nicola Palmieri
ALZA LA TESTA ..... ITALIA
Nicola Palmieri
giovedì 13 ottobre 2011
mercoledì 12 ottobre 2011
L'IMBROGLIO DELL'11 settembre
RomaItalia
Imposimato denuncia gli Usa all'Aja: "Sapevano dell'11 settembre"
Lunedì, 10 ottobre 2011 - 11:19:48
Forum/ "Gli Usa sapevano dell'11 settembre". Credi a questa ipotesi?
di Raffaele Gambari
Un avvocato italiano, l’ex giudice istruttore Ferdinando Imposimato, sta preparando una denuncia al Tribunale internazionale penale dell’Aja perché, a suo dire, pur sapendo che era in preparazione l’attentato alle Twin Towers la Cia non fece nulla per fermarlo. Oltretutto, secondo il presidente onorario aggiunto della suprema Corte di Cassazione, che a suo tempo indagò sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, che ora assiste la famiglia come avvocato, titolare dell’inchiesta sull’attentato al papa in piazza San Pietro e già presidente della commissione parlamentare antimafia, le Twin Towers crollarono non soltanto per l’impatto dei due aerei dirottati dai terroristi di Bin Laden. I periti esperti della Nist, un’agenzia federale di sicurezza degli Usa, che hanno svolto un'indagine sull’attentato, ‘’sanno che in quei due grattacieli erano stati collocati degli ordigni, così come in un terzo palazzo adiacente alle Torri Gemelle, la torre numero 7, che crollò su se stessa, come si vede in alcune riprese televisive, senza che in questa ci fosse un impatto con un aereo, come avvenne nelle altre due”.
L’ipotesi di reato che Imposimato, come rivela il magistrato ad Affaritaliani, ha intenzione di formulare “insieme con altri studiosi ed esperti nell’adire presso la Corte penale internazionale dell’Aja, attraverso il procuratore della Corte stessa, è di concorso nelle stragi che l’11 settembre del 2001 causarono 3.000 morti alle Torri Gemelle più altri decessi nell’attacco al Pentagono”.
Di questa storia di presunte commistioni tra servizi segreti statunitensi e Bin Laden, c’è una vasta letteratura internazionale. Fantapolitica o realtà? Di certo, come ha detto qualche giorno fa Imposimato parlando con alcuni giornalisti a Latina, a margine del quarto convegno nazionale dei giudici scrittori, dell’attentato alle Torri Gemelle se ne é discusso nell’incontro di “Toronto Hearings”, un tribunale internazionale indipendente, una sorta di Tribunale Russel, che si è riunito dall’8 al 12 settembre scorsi a Toronto, in Canada, composto da giudici internazionali, che ha ascoltato 17 testimoni. A quell’incontro Imposimato c’era. Da qui la sua intenzione di ricorrere al Tribunale penale internazionale dell’Aja, lo stesso che ha arrestato e mandato sotto processo per genocidio gli autori dei massacri nella guerra di pulizia etnica in quei paesi sorti in seguito al crollo dell’ex Jugoslavia.
Imposimato, perché intende rivolgersi al Tribunale penale internazionale dell’Aja?
“Perché diversi esponenti di vertice della Cia pur sapendo della presenza di terroristi nel territorio Usa fin dal gennaio 2001 provenienti dall’Arabia Saudita e considerarti come sospetti terroristi e pur sapendo che essi erano arrivati a Los Angeles dal 15 gennaio 2001 per addestrarsi sugli aerei da usare come missili contro edifici americani, non informarono l’Fbi, che è l’unico organismo competente a contrastare il terrorismo in territorio americano, in tal modo lasciando che gli attentati avvenissero eseguiti l’11 settembre 2001”.
Chi porterebbe come imputati e come testimoni in questo processo?
“Chiederò di ascoltare gli scienziati e i testimoni che sono stati sentiti nella Ryarson University di Toronto lo scorso settembre, che hanno dimostrato come nelle cosiddette Torri Gemelle e nella terza torre, la numero 7, siano state inserite dolosamente bombe e ordigni incendiari ed altri elementi idonei ad accelerarne il crollo. Ritengo che non aver impedito il verificarsi dell’attacco da parte di chi aveva il dovere di impedirlo, sia una gravissima colpa”.
Imposimato denuncia gli Usa all'Aja: "Sapevano dell'11 settembre"
Lunedì, 10 ottobre 2011 - 11:19:48
Forum/ "Gli Usa sapevano dell'11 settembre". Credi a questa ipotesi?
di Raffaele Gambari
Un avvocato italiano, l’ex giudice istruttore Ferdinando Imposimato, sta preparando una denuncia al Tribunale internazionale penale dell’Aja perché, a suo dire, pur sapendo che era in preparazione l’attentato alle Twin Towers la Cia non fece nulla per fermarlo. Oltretutto, secondo il presidente onorario aggiunto della suprema Corte di Cassazione, che a suo tempo indagò sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, che ora assiste la famiglia come avvocato, titolare dell’inchiesta sull’attentato al papa in piazza San Pietro e già presidente della commissione parlamentare antimafia, le Twin Towers crollarono non soltanto per l’impatto dei due aerei dirottati dai terroristi di Bin Laden. I periti esperti della Nist, un’agenzia federale di sicurezza degli Usa, che hanno svolto un'indagine sull’attentato, ‘’sanno che in quei due grattacieli erano stati collocati degli ordigni, così come in un terzo palazzo adiacente alle Torri Gemelle, la torre numero 7, che crollò su se stessa, come si vede in alcune riprese televisive, senza che in questa ci fosse un impatto con un aereo, come avvenne nelle altre due”.
L’ipotesi di reato che Imposimato, come rivela il magistrato ad Affaritaliani, ha intenzione di formulare “insieme con altri studiosi ed esperti nell’adire presso la Corte penale internazionale dell’Aja, attraverso il procuratore della Corte stessa, è di concorso nelle stragi che l’11 settembre del 2001 causarono 3.000 morti alle Torri Gemelle più altri decessi nell’attacco al Pentagono”.
Di questa storia di presunte commistioni tra servizi segreti statunitensi e Bin Laden, c’è una vasta letteratura internazionale. Fantapolitica o realtà? Di certo, come ha detto qualche giorno fa Imposimato parlando con alcuni giornalisti a Latina, a margine del quarto convegno nazionale dei giudici scrittori, dell’attentato alle Torri Gemelle se ne é discusso nell’incontro di “Toronto Hearings”, un tribunale internazionale indipendente, una sorta di Tribunale Russel, che si è riunito dall’8 al 12 settembre scorsi a Toronto, in Canada, composto da giudici internazionali, che ha ascoltato 17 testimoni. A quell’incontro Imposimato c’era. Da qui la sua intenzione di ricorrere al Tribunale penale internazionale dell’Aja, lo stesso che ha arrestato e mandato sotto processo per genocidio gli autori dei massacri nella guerra di pulizia etnica in quei paesi sorti in seguito al crollo dell’ex Jugoslavia.
Imposimato, perché intende rivolgersi al Tribunale penale internazionale dell’Aja?
“Perché diversi esponenti di vertice della Cia pur sapendo della presenza di terroristi nel territorio Usa fin dal gennaio 2001 provenienti dall’Arabia Saudita e considerarti come sospetti terroristi e pur sapendo che essi erano arrivati a Los Angeles dal 15 gennaio 2001 per addestrarsi sugli aerei da usare come missili contro edifici americani, non informarono l’Fbi, che è l’unico organismo competente a contrastare il terrorismo in territorio americano, in tal modo lasciando che gli attentati avvenissero eseguiti l’11 settembre 2001”.
Chi porterebbe come imputati e come testimoni in questo processo?
“Chiederò di ascoltare gli scienziati e i testimoni che sono stati sentiti nella Ryarson University di Toronto lo scorso settembre, che hanno dimostrato come nelle cosiddette Torri Gemelle e nella terza torre, la numero 7, siano state inserite dolosamente bombe e ordigni incendiari ed altri elementi idonei ad accelerarne il crollo. Ritengo che non aver impedito il verificarsi dell’attacco da parte di chi aveva il dovere di impedirlo, sia una gravissima colpa”.
martedì 11 ottobre 2011
lunedì 10 ottobre 2011
domenica 9 ottobre 2011
sabato 8 ottobre 2011
NUOVO AMBASCIATORE d'ITALIA ne EL SALVADOR
Sua Eccellenza Dott.ssa Tosca Barucco in compagnia del Presidente Salvadoregno Mauricio Funes
LETTERA di SALUTO ai Cittadini Italiani e al Popolo Salvadoregno
Desidero rivolgere a tutti gli amici salvadoregni, agli italiani residenti nella Circoscrizione Consolare di questa Ambasciata, ai loro figli e discendenti , il saluto più cordiale ed affettuoso e gli auguri più fervidi di prosperità e benessere.
Fin dai primi anni dell’Italia Unita vi è stata una Rappresentanza diplomatica in questa Nazione centroamericana, segno tangibile dell’interesse della nuova Italia per El Salvador, per le sue potenzialità, per il suo ruolo nella Regione.
A distanza di centocinquanta anni tali ragioni lungi dall’essersi affievolite, si sono rafforzate. L’ Italia guarda con grande simpatia ed ottimismo al cammino percorso negli ultimi anni ed alle grandi opportunità che questo Paese può offrire.
L’amicizia italo-salvadoregna, suggellata da sangue comune, da tanta fraterna umanità, da solide comuni radici culturali, è profondamente radicata.
Occorre lavorare per rafforzarla sempre di più. L’Italia ha fiducia ne El Salvador, nelle sue capacità di coniugare sviluppo e giustizia sociale, democrazia, ordine, progresso, prospettive per tutti i suoi figli.
Tosca Barucco
Ambasciatore d’Italia
LETTERA di SALUTO ai Cittadini Italiani e al Popolo Salvadoregno
Desidero rivolgere a tutti gli amici salvadoregni, agli italiani residenti nella Circoscrizione Consolare di questa Ambasciata, ai loro figli e discendenti , il saluto più cordiale ed affettuoso e gli auguri più fervidi di prosperità e benessere.
Fin dai primi anni dell’Italia Unita vi è stata una Rappresentanza diplomatica in questa Nazione centroamericana, segno tangibile dell’interesse della nuova Italia per El Salvador, per le sue potenzialità, per il suo ruolo nella Regione.
A distanza di centocinquanta anni tali ragioni lungi dall’essersi affievolite, si sono rafforzate. L’ Italia guarda con grande simpatia ed ottimismo al cammino percorso negli ultimi anni ed alle grandi opportunità che questo Paese può offrire.
L’amicizia italo-salvadoregna, suggellata da sangue comune, da tanta fraterna umanità, da solide comuni radici culturali, è profondamente radicata.
Occorre lavorare per rafforzarla sempre di più. L’Italia ha fiducia ne El Salvador, nelle sue capacità di coniugare sviluppo e giustizia sociale, democrazia, ordine, progresso, prospettive per tutti i suoi figli.
Tosca Barucco
Ambasciatore d’Italia
Tratto da "Realta' Sannita"
Silvio Berlusconi: 8 – Giacomo Casanova: 6
Vanterie maschili e antiche memorie
Giacomo Casanova di Seingalt, veneziano. Un nome magico, che evoca in tutto il mondo il simbolo dell’uomo
forte, virile, conquistatore irriducibile. Da lui è iniziata quella lunga storia, con la “s” minuscola, che ha convinto tutte
le donne del mondo – o quasi – a condividere l’idea americana, espressa nel concetto “Italians do it better” (“Gli
Italiani lo fanno meglio”).
Uomo dalle mille risorse è stato viaggiatore curioso, giocatore abituale, abile uomo d’affari, intellettuale non
disprezzabile, che ha avuto l’occasione di conversare con Voltaire, Rousseau e Mozart, un VIP (very important person)
del Settecento, che ha incontrato i maggiori sovrani del tempo. Ma è stato soprattutto un poeta e letterato, che ci ha
lasciato il racconto della sua vita avventurosa. L’opera, naturalmente intitolata “Histoire de ma vie”, venne scritta in
francese, la lingua cioè che all’epoca poteva essere considerata come quella in grado di raggiungere il maggior numero
di lettori. Solo nel 1964 una traduzione in italiano della Casa Editrice Mondadori ha reso disponibile al grande pubblico
la “Histoire”. Sono sette volumi di un certo peso e la parte dedicata alle conquiste amorose del Casanova non è certo
quella più importante.
Al riguardo, comunque, il gran seduttore veneziano è molto preciso e ci racconta successi (tanti) e bocconi
amari (pochi) con sufficiente schiettezza. Ci dice, per esempio, che il massimo dei “rapporti completi” possibili è stato,
per lui giovane e vigoroso, di sei in un arco di diverse ore, intervallate da pasti, conversazioni, abluzioni, e così via. Già
al compimento del sesto rapporto, come gli capita con “M.M.”, infatti, “il tuorlo dell’ultimo uovo è rosso”. Casanova
ha 28 anni a quel tempo.
Passano i tempi. Forse la salute migliora, forse gli stimoli chimici sono più efficienti, o forse c’è solamente il
gusto di stupire, il desiderio di primeggiare in tutto. Certo è che, da intercettazioni telefoniche comunque venute alla
luce, veniamo a sapere che il nostro primo ministro ha del tutto stracciato Giacomo Casanova. Lui, il Cavaliere, che
di anni ne ha qualcuno in più del celebre veneziano, se ne è fatte ben “otto” di giovani donne su undici che facevano
la fila davanti alla sua camera. Che dire? C’è da restare sgomenti! Con che animo ci presenteremo alle nostre mogli o
compagne o fidanzate, quando già una semplice “ripetizione” ci sembra un ostacolo insormontabile?
D’altra parte, ce lo dovevamo aspettare, prima o poi. Già eravamo consapevoli che Lui fosse il migliore
statista italiano degli ultimi centocinquanta anni; sapevamo pure che da giovane era un fortissimo “centravanti di
sfondamento” nella sua squadra di calcio (e immaginiamo lo scorno dei difensori avversari alti 1 e 80 o 1 e 90!!); è
notorio che le vittorie del Milan sono dovute ai Suoi preziosi consigli dati ad Ancelotti e compagnia, finanche sugli
schemi dei calci di punizione; per non parlare dell’imprenditore! Cosa rimaneva? Solo l’ufficialità che anche nel
numero di “quelle prestazioni” Lui fosse il primo!
Caro Casanova, ogni record prima o poi è destinato ad essere superato. Anche se solo “col pensiero”!
Luigi Palmieri
Vanterie maschili e antiche memorie
Giacomo Casanova di Seingalt, veneziano. Un nome magico, che evoca in tutto il mondo il simbolo dell’uomo
forte, virile, conquistatore irriducibile. Da lui è iniziata quella lunga storia, con la “s” minuscola, che ha convinto tutte
le donne del mondo – o quasi – a condividere l’idea americana, espressa nel concetto “Italians do it better” (“Gli
Italiani lo fanno meglio”).
Uomo dalle mille risorse è stato viaggiatore curioso, giocatore abituale, abile uomo d’affari, intellettuale non
disprezzabile, che ha avuto l’occasione di conversare con Voltaire, Rousseau e Mozart, un VIP (very important person)
del Settecento, che ha incontrato i maggiori sovrani del tempo. Ma è stato soprattutto un poeta e letterato, che ci ha
lasciato il racconto della sua vita avventurosa. L’opera, naturalmente intitolata “Histoire de ma vie”, venne scritta in
francese, la lingua cioè che all’epoca poteva essere considerata come quella in grado di raggiungere il maggior numero
di lettori. Solo nel 1964 una traduzione in italiano della Casa Editrice Mondadori ha reso disponibile al grande pubblico
la “Histoire”. Sono sette volumi di un certo peso e la parte dedicata alle conquiste amorose del Casanova non è certo
quella più importante.
Al riguardo, comunque, il gran seduttore veneziano è molto preciso e ci racconta successi (tanti) e bocconi
amari (pochi) con sufficiente schiettezza. Ci dice, per esempio, che il massimo dei “rapporti completi” possibili è stato,
per lui giovane e vigoroso, di sei in un arco di diverse ore, intervallate da pasti, conversazioni, abluzioni, e così via. Già
al compimento del sesto rapporto, come gli capita con “M.M.”, infatti, “il tuorlo dell’ultimo uovo è rosso”. Casanova
ha 28 anni a quel tempo.
Passano i tempi. Forse la salute migliora, forse gli stimoli chimici sono più efficienti, o forse c’è solamente il
gusto di stupire, il desiderio di primeggiare in tutto. Certo è che, da intercettazioni telefoniche comunque venute alla
luce, veniamo a sapere che il nostro primo ministro ha del tutto stracciato Giacomo Casanova. Lui, il Cavaliere, che
di anni ne ha qualcuno in più del celebre veneziano, se ne è fatte ben “otto” di giovani donne su undici che facevano
la fila davanti alla sua camera. Che dire? C’è da restare sgomenti! Con che animo ci presenteremo alle nostre mogli o
compagne o fidanzate, quando già una semplice “ripetizione” ci sembra un ostacolo insormontabile?
D’altra parte, ce lo dovevamo aspettare, prima o poi. Già eravamo consapevoli che Lui fosse il migliore
statista italiano degli ultimi centocinquanta anni; sapevamo pure che da giovane era un fortissimo “centravanti di
sfondamento” nella sua squadra di calcio (e immaginiamo lo scorno dei difensori avversari alti 1 e 80 o 1 e 90!!); è
notorio che le vittorie del Milan sono dovute ai Suoi preziosi consigli dati ad Ancelotti e compagnia, finanche sugli
schemi dei calci di punizione; per non parlare dell’imprenditore! Cosa rimaneva? Solo l’ufficialità che anche nel
numero di “quelle prestazioni” Lui fosse il primo!
Caro Casanova, ogni record prima o poi è destinato ad essere superato. Anche se solo “col pensiero”!
Luigi Palmieri
Tratto da "Realta' Sannita
Molte bugie che non aiutano
Forze dell’ordine: un lavoro difficile
Questo caldo mese di agosto ha portato all’attenzione dei cittadini europei non solo gli scottanti temi della
speculazione finanziaria internazionale, ma anche quelli dei comportamenti delle forze dell’ordine in Inghilterra. La
polizia inglese ha potuto ristabilire l’ordine in diverse città, compresa la capitale, solo dopo alcune giornate “nere”,
che hanno anche causato perdite tra i civili, oltre a numerosi feriti e contusi tra entrambe le parti.
Quasi come da copione internazionale – purtroppo! – le autorità britanniche, preposte ai vertici delle forze
di polizia, hanno cercato, fin da subito, la via più difficile: quella della “copertura” dei ragazzi in divisa, anche a costo
della menzogna. Il civile ucciso dai “bobbies”, che poi ha scatenato la reazione esagerata dei cittadini, è stato descritto
come armato e pericoloso. Situazione, poi, rivelatasi non vera nel giro di pochi giorni, dopo accertamenti indipendenti
compiuti dalla stampa e da altre istituzioni dello Stato. Perché si tende sempre a mentire? Perché si cerca di coprire ad
ogni costo l’errore commesso, anche ricorrendo a ricostruzioni spesso ardite ai limiti della fantasia?
E’ facile pensare che lo si faccia per spirito di corpo. Non si vuole danneggiare il collega che ha sbagliato. “Tiene
famiglia”, come si usa dire. “Poteva capitare anche a noi”, si pensa. “E’ umano cercare di sottrarsi alle conseguenze”, si
chiosa con stolta comprensione.
E il morto? Quello “non tiene famiglia”? E se il poliziotto non giustamente addestrato avesse ucciso uno dei
nostri cari?
Sarà anche “umano” cercare di giustificarsi, ma una istituzione – per la sua stessa natura impersonale – non
può e non deve ripercorrere le stesse debolezze del singolo individuo. Anzi, è proprio da questa sua “terzietà” che
ricava il proprio prestigio e la riconosciuta autorevolezza. Chi ha sbagliato, ed è quasi elementare doverlo ribadire,
deve rispondere sempre e comunque delle proprie azioni, in una società civile che vuole essere definita così. Ricorrere
a giustificazioni, a volte anche puerili, serve solo a gettare un’ombra sulla gran parte degli addetti alla sicurezza che
fanno con professionalità il loro lavoro.
Abbiamo tutti negli occhi le immagini dei frequenti disordini metropolitani, che capitano in ogni paese libero
del mondo. E spesso quelle immagini sono associate a quelle di poliziotti che, avendo perso ogni freno inibitore, si
accaniscono a manganellare senza pietà gente a terra, ormai inerme.
E tutti abbiamo negli occhi le immagini di pericolosi boss della malavita che, dopo la cattura, vengono
fatti salire nelle auto della polizia. Una mano premurosa del poliziotto di turno si occupa di abbassare la testa
del delinquente per non farla urtare contro l’auto. Si dovesse fare “una ciacca” (“bernoccolo” per i leghisti!) quel
galantuomo. Che figura farebbero i poliziotti!
Ecco, ci sembrerebbe giusto una “par condicio”. Se non si deve “ciaccare” il boss di Forcella, anche l’inerme
manifestante, ormai a terra e con le mani alzate, andrebbe risparmiato.
Pasolini, negli anni della contestazione giovanile del Sessantotto/Sessantanove, in un famoso articolo
sul “Corriere della sera”, disse che lui stava con i poliziotti, figli del proletariato, e non con gli studenti universitari,
quasi tutti “figli di papà”. Io, al contrario, credo che il cittadino non debba “fare il tifo” per nessuno, meno che mai per
una istituzione fondamentale come le forze di sicurezza. Deve solo aspettarsi che l’istituzione svolga il proprio ruolo
secondo giustizia ed equità. Ed ovviamente con la necessaria preparazione specifica professionale!
Luigi Palmieri
Forze dell’ordine: un lavoro difficile
Questo caldo mese di agosto ha portato all’attenzione dei cittadini europei non solo gli scottanti temi della
speculazione finanziaria internazionale, ma anche quelli dei comportamenti delle forze dell’ordine in Inghilterra. La
polizia inglese ha potuto ristabilire l’ordine in diverse città, compresa la capitale, solo dopo alcune giornate “nere”,
che hanno anche causato perdite tra i civili, oltre a numerosi feriti e contusi tra entrambe le parti.
Quasi come da copione internazionale – purtroppo! – le autorità britanniche, preposte ai vertici delle forze
di polizia, hanno cercato, fin da subito, la via più difficile: quella della “copertura” dei ragazzi in divisa, anche a costo
della menzogna. Il civile ucciso dai “bobbies”, che poi ha scatenato la reazione esagerata dei cittadini, è stato descritto
come armato e pericoloso. Situazione, poi, rivelatasi non vera nel giro di pochi giorni, dopo accertamenti indipendenti
compiuti dalla stampa e da altre istituzioni dello Stato. Perché si tende sempre a mentire? Perché si cerca di coprire ad
ogni costo l’errore commesso, anche ricorrendo a ricostruzioni spesso ardite ai limiti della fantasia?
E’ facile pensare che lo si faccia per spirito di corpo. Non si vuole danneggiare il collega che ha sbagliato. “Tiene
famiglia”, come si usa dire. “Poteva capitare anche a noi”, si pensa. “E’ umano cercare di sottrarsi alle conseguenze”, si
chiosa con stolta comprensione.
E il morto? Quello “non tiene famiglia”? E se il poliziotto non giustamente addestrato avesse ucciso uno dei
nostri cari?
Sarà anche “umano” cercare di giustificarsi, ma una istituzione – per la sua stessa natura impersonale – non
può e non deve ripercorrere le stesse debolezze del singolo individuo. Anzi, è proprio da questa sua “terzietà” che
ricava il proprio prestigio e la riconosciuta autorevolezza. Chi ha sbagliato, ed è quasi elementare doverlo ribadire,
deve rispondere sempre e comunque delle proprie azioni, in una società civile che vuole essere definita così. Ricorrere
a giustificazioni, a volte anche puerili, serve solo a gettare un’ombra sulla gran parte degli addetti alla sicurezza che
fanno con professionalità il loro lavoro.
Abbiamo tutti negli occhi le immagini dei frequenti disordini metropolitani, che capitano in ogni paese libero
del mondo. E spesso quelle immagini sono associate a quelle di poliziotti che, avendo perso ogni freno inibitore, si
accaniscono a manganellare senza pietà gente a terra, ormai inerme.
E tutti abbiamo negli occhi le immagini di pericolosi boss della malavita che, dopo la cattura, vengono
fatti salire nelle auto della polizia. Una mano premurosa del poliziotto di turno si occupa di abbassare la testa
del delinquente per non farla urtare contro l’auto. Si dovesse fare “una ciacca” (“bernoccolo” per i leghisti!) quel
galantuomo. Che figura farebbero i poliziotti!
Ecco, ci sembrerebbe giusto una “par condicio”. Se non si deve “ciaccare” il boss di Forcella, anche l’inerme
manifestante, ormai a terra e con le mani alzate, andrebbe risparmiato.
Pasolini, negli anni della contestazione giovanile del Sessantotto/Sessantanove, in un famoso articolo
sul “Corriere della sera”, disse che lui stava con i poliziotti, figli del proletariato, e non con gli studenti universitari,
quasi tutti “figli di papà”. Io, al contrario, credo che il cittadino non debba “fare il tifo” per nessuno, meno che mai per
una istituzione fondamentale come le forze di sicurezza. Deve solo aspettarsi che l’istituzione svolga il proprio ruolo
secondo giustizia ed equità. Ed ovviamente con la necessaria preparazione specifica professionale!
Luigi Palmieri
venerdì 7 ottobre 2011
giovedì 6 ottobre 2011
mercoledì 5 ottobre 2011
martedì 4 ottobre 2011
lunedì 3 ottobre 2011
domenica 2 ottobre 2011
sabato 1 ottobre 2011
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